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APPALTI: Lavori aventi ad oggetto beni culturali e cumulo alla rinfusa dei requisiti. Una delle prime applicazioni del nuovo codice appalti.
Si premette, che il D.lvo 36 del 2023 (Nuovo Codice Appalti) è entrato in vigore lo scorso 1.7.2023, ma in realtà contiene una norma cd di “interpretazione autentica” che assume quindi valenza retroattiva.
Si tratta dell’art. 225.13 del D Lvo 36/2023 il quale intendendo superare alcuni noti contrasti giurisprudenziali ha affermato che le norme sui requisiti di qualificazione dei Consorzi Stabili si interpreta nel senso che, negli appalti di servizi e forniture, la sussistenza in capo ai consorzi stabili dei requisiti richiesti nel bando di gara per l'affidamento di servizi e forniture è valutata a seguito della verifica della effettiva esistenza dei predetti requisiti in capo ai singoli consorziati, anche se diversi da quelli designati in gara (in poche parole la regola del cd “cumulo alla rinfusa”).
Il TAR Parma tuttavia con l’interessante sentenza della I Sez. del 24.6.2023, pur condividendo tale impostazione, ribadisce alcuni fondamenti concetti in ordine alla distinzione tra subappalto cd “ qualificante” (o anche “necessario) e subappalto cd “facoltativo”.
La questione è insorta in una gara per l’affidamento di lavori in cui una parte di essi, la più rilevante, afferiva alla categoria prevalente OG2 in classifica III (settore di restauro dei beni culturali), mentre altra parte afferiva alla categoria specialistica e scorporabile OG11. Alla predetta gara partecipava un Consorzio Stabile indicando una consorziata che doveva concorrere per la categoria OG 2, pur non possedendo la relativa qualifica, che non era neanche posseduta interamente dal Consorzio, ma ritenendo possibile applicare ed estendere la regola del predetto cd “cumulo alla rinfusa” anche per quei requisiti che afferiscono alle lavorazioni che sono anche genericamente catalogate come requisiti a “qualificazione obbligatoria”, ritenendo in buona sostanza che col D. Lvo 36/2023 il Legislatore aveva inteso escludere qualsiasi limite all’operatività del meccanismo del c.d. “cumulo alla rinfusa”, sì che eventuali eccezioni avrebbero dovuto essere espressamente indicate.
L’alternativa ovviamente era che il Consorzio avrebbe dovuto partecipare indicando necessariamente espressamente l’utilizzo del subappalto (da ritenersi in questo caso necessario e come detto a “qualificazione obbligatoria”) ed indicando quindi un subappaltatore dotato delle relative qualifiche, ovvero una consorziata in possesso di tale qualifica.
La S.A. escludeva il Consorzio dalla gara affermando che il “cumulo alla rinfusa” non può essere applicato per le qualificazioni riguardanti le categorie di lavori afferenti i beni culturali stessi per i quali, date le norme speciali che li regolamentano, occorre che il consorziato indicato sia in possesso autonomamente della qualificazione necessaria per l’esecuzione dell’intervento.
Il TAR ha respinto il ricorso evidenziando che la giurisprudenza si è più volte espressa per il regime speciale degli appalti del settore dei beni culturali e per la necessità che in simili casi le imprese indicate come esecutrici siano autonomamente qualificate ad eseguire i lavori, e ciò alla luce del disposto dell’art. 146 del d.lgs. n. 50 del 2016, da cui si è desunto che nei contratti in materia di beni culturali i consorzi non possono qualificarsi con il meccanismo del “cumulo alla rinfusa”, trattandosi di norma di stretta interpretazione, non applicabile ad interventi diversi, ma sicuramente derogatoria rispetto al sistema ordinario.
Sicchè, secondo il TAR, si deve escludere la soppressione di tale norma speciale per effetto della norma di interpretazione autentica ex art. 225, comma 13, del d.lgs. n. 36 del 2023, che risulta invece diretta ad operare sullo schema ordinario dei requisiti di qualificazione inerenti i consorzi, ma non anche sulle norme speciali o derogatorie rispondenti ad esigenze particolari, come ravvisato nel settore dei beni culturali, caratterizzati da una particolare delicatezza derivante dalla necessità di tutela dei medesimi, quali beni con un ruolo di testimonianza avente valore di civiltà, espressione di un interesse altior nella gerarchia dei valori in gioco, sì da richiedersi il possesso di requisiti di qualificazione specifici ed adeguati ad assicurare la tutela del bene oggetto di intervento. Si tratta come ben si vede di una delle primissime pronunce che in qualche modo applicano ed interpretano il Nuovo Codice degli Appalti, si dovrà quindi capire (fin quando si tratterà di applicare il previgente D lvo 50/16) quale sarà la tenuta di questa interpretazione restrittiva. Si dovrà poi capire se quest’interpretazione permarrà anche agli appalti regolati dal Nuovo Codice degli Appalti, analizzando in dettaglio la discplina introdotta dall’art. 133, che richiama a sua volta l’Allegato II.18 per la disciplina di dettaglio degli appalti riguardanti i beni culturali.
Silvio Motta
Partner
Carmelo Barreca
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