Un passo importante verso il riconoscimento dei diritti delle persone "non binarie": commento alla sentenza n. 143 del 23 luglio 2024 della Corte costituzionale.

La Corte costituzionale con la sentenza n.143 del 23 luglio 2024 è intervenuta in modo importante e del tutto rivoluzionario sui diritti delle persone trans riconoscendo l’esistenza delle persone non binarie e, quindi, ammettendo espressamente che un individuo, percependo di non appartenere né al sesso femminile, né a quello maschile, possa avvertire l’esigenza di essere riconosciuto in un’identità “altra”.

Il fatto: richiesta di riconoscimento del genere non binario

Il Tribunale di Bolzano, quale giudice a quo, è stato adito da una persona AFAB (assigned female at birth) ossia di sesso anagrafico femminile, che, non riconoscendosi in tale genere, né propriamente in quello maschile, bensì in un genere non binario, si è rivolta al Tribunale per ottenere la rettificazione di attribuzione del sesso da femminile ad “altro”, il cambiamento del prenome (dal femminile L. al maschile I.) e il riconoscimento del diritto di sottoporsi ad ogni intervento medico-chirurgico in senso gino-androide (innanzitutto, la mastectomia). A seguito di ciò, il Tribunale di Bolzano, con l’ordinanza del 12 gennaio 2024, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale inerenti ai percorsi di affermazione di genere:

  1. in primo luogo, dell’art. 1 della legge 14 aprile 1982, n. 164, in considerazione del fatto che l’attuale legge sull’identità di genere non consente di accogliere una domanda di rilascio di documenti su cui fare comparire un genere non binario.
  2. in secondo luogo, dell’art. 31, comma 4, del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150, ritenendo che la stessa comprima ingiustificatamente l’autodeterminazione individuale e il diritto alla salute e che la scelta di chi voglia sottoporsi a un intervento chirurgico di affermazione di genere non possa essere trattata diversamente da quella assunta da chi debba sottoporsi a qualsiasi intervento chirurgico ugualmente demolitivo e per il quale non sia richiesta alcuna previa autorizzazione giudiziale.

Le questioni giuridiche: identità di genere e autodeterminazione delle persone non binarie

In relazione al primo punto, la Corte non ha accolto le questioni sollevate dal Tribunale di Bolzano, in quanto eccedenti il “… perimetro del (suo) sindacato”, lasciando, pertanto, inalterato l’attuale sistema fondato sul binarismo di genere. Nonostante ciò, però, ha riconosciuto l’esistenza di un “problema di tono costituzionale”: infatti, ha ammesso l’esistenza delle persone non binary (riconoscendo espressamente che un individuo, percependo di non appartenere né al sesso femminile, né a quello maschile, possa avvertire l’esigenza di essere riconosciuto in un’identità “altra”) e al contempo ha segnalato al legislatore l’opportunità di intervenire per evitare che questo mancato riconoscimento giuridico continui a generare una situazione di disagio idonea a condurre a delle disparità di trattamento e a una compromissione del benessere psicofisico di queste persone, ledendone la dignità e la salute.

Riconoscimento delle persone non binarie: un passo importante per i diritti

Tale assunto è da considerare del tutto innovativo in primis, in quanto il diritto non si è mai preoccupato fino a questo momento di intervenire per riconoscere piena ed effettiva cittadinanza a queste persone e in secondo luogo, perché, nonostante la psicologia sociale ha ormai acquisito una concezione non binaria dell’identità di genere sulla base del condiviso presupposto che il genere stesso non sia determinato unicamente dal dato morfologico e cromosomico, ma altresì da fattori sociali e psicologici, il nostro ordinamento è rimasto ancorato fino ad oggi a una logica rigidamente binaria. Solo con questa sentenza, infatti, ha riconosciuto la necessità che, proprio in forza di uno dei principi cardini del nostro ordinamento ossia il cd. principio personalistico, lo stesso debba d’ora in poi allinearsi alle evoluzioni della società normandole, nello specifico, nel caso di specie, garantendo la tutela piena ed effettiva al diritto fondamentale all’identità di genere delle persone non binarie. Necessità di un intervento legislativo per le persone non binarie

Per quanto concerne il secondo punto, la Corte ha accolto, invece, le questioni sollevate dal Tribunale di Bolzano dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’art. 31, comma 4, del d. lgs. N.150 del 2011 “nella parte in cui prescrive l’autorizzazione del tribunale al trattamento medico-chirurgico anche qualora le modificazioni dei caratteri sessuali già intervenute siano ritenute dallo stesso tribunale sufficienti per l’accoglimento della domanda di rettificazione di attribuzione di sesso”.

Modifiche al regime autorizzatorio per i trattamenti chirurgici nelle persone non binarie

La Corte ha ritenuto che il regime autorizzatorio “per i trattamenti medico-chirurgici di adeguamento dei caratteri sessuali” sia divenuto irrazionale, in quanto troppo rigido, in tutti quei casi in cui il giudice accerti che la persona trans abbia completato il proprio percorso di transizione e possa dunque disporre il rilascio dei nuovi documenti. Questo vuol dire, ad esempio, che:

a) una persona AFAB che voglia effettuare un intervento di mastectomia dovrà comunque ottenere il cambio anagrafico, se vorrà effettuare l’intervento chirurgico suddetto senza sottoporsi al previo scrutinio del giudice;

b) una persona AFAB non binaria sarà costretta a effettuare il su richiamato cambio anagrafico, se vorrà effettuare un intervento chirurgico di affermazione di genere senza rivolgersi previamente al giudice; e quindi che, in questo caso, almeno fintantoché il legislatore non interverrà sulla logica binaria, dovrà necessariamente riconoscersi nel genere opposto a quello correlato al sesso assegnatole alla nascita, aderendo alla suddetta logica binaria. Da questo punto di vista, la decisione assunta dal giudice delle leggi con riguardo alla prima questione limita e circoscrive evidentemente gli effetti della decisione da esso assunta con riguardo alla seconda.

Le conclusioni: impatto della sentenza sui diritti delle persone non binarie

La pronuncia della Corte ha quindi il merito di elidere (parte) di quello stigma sociale di cui sono vittime le persone trans e di impattare positivamente sul loro benessere psico-fisico: infatti, in questo modo, le persone trans, qualora abbiano già ottenuto il cambio anagrafico, sanno di non dovere più subire un’ulteriore intromissione di estranei nelle scelte che attengono alla tutela della propria identità. Inoltre, con una tale decisione sembra potersi dire che la Corte riconosca che, ad avvenuta e accertata transizione, l’intervento chirurgico di affermazione di genere sia di per sé legittimo, benché demolitivo, proprio siccome atto a garantire il benessere psico-fisico della persona trans che ha già completato il proprio percorso di transizione: il che dovrebbe pure garantire che l’intervento chirurgico effettuato senza previa autorizzazione giudiziale continui a rimanere a carico del SSN. Rimane però da verificare se da un lato, il legislatore porrà in essere quell’intervento normativo richiesto dalla Corte introducendo un terzo genere di stato civile e dall’altro lato come, in concreto le strutture sanitarie, intenderanno recepire tale pronuncia della Corte costituzionale (nella speranza che quest’ultime non si oppongano ingiustamente a richieste di intervento avanzate da persone trans che non esibiscano una sentenza del giudice di autorizzazione).

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