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Reato di riciclaggio, per il mancato controllo da parte della banca
Il reato di riciclaggio, di cui all’art 648 bis c.p., è stato introdotto nel nostro ordinamento con la ratio legis di reprimere le attività volte al dissolvimento della tracciabilità del denaro, dei beni o delle altre utilità economiche di provenienza illecita, nonché l’immissione di tali proventi nel ciclo economico-finanziario.
Tale fattispecie di reato, prima del 2000, poteva essere commessa solo dalle persone fisiche poiché vigeva il principio secondo il quale “societas delinquere non potest”.
Il D.Lgs. 231/2001, ha introdotto la responsabilità amministrativa dell’ente collettivo per i reati commessi a suo interesse o a suo vantaggio, dai soggetti in posizione apicale o dipendenti dello stesso.
Nel 2006, il governo ha introdotto nella lista dei reati prevista dal D.Lgs. 231/2001, il reato di ricettazione, riciclaggio e autoriciclaggio prevedendone la responsabilità amministrativa dell’ente.
Nel caso in cui l’ente risponda, ai sensi del D.Lgs. 231/2001, per i reati sopra indicati, si possono applicare delle misure interdittive aggiuntive tra cui: l’interdizione dall’esercizio dell’attività la sospensione o la revoca di autorizzazioni, licenze o concessioni che sono state funzionali alla commissione dell’illecito.
L’utilizzo del denaro, così come si può desumere dall’ art 648 bis c.p., è costituito da ogni forma di uso o investimento di capitali illeciti, essendo sufficiente che si tratti di attività economiche, e non vi è un limite minimo di valore di investimento; anche l’utilizzo di una modesta somma potrebbe infatti integrare l’elemento oggettivo del reato.
Per questa ragione gli enti, tra cui quelli bancari, devono valutare accuratamente la provenienza degli importi che transitano sui loro conti, non fermandosi alle sole assicurazioni degli investitori o alla mancanza di indici evidenti di sospetto.
La legislazione fin qui analizzata riguarda la responsabilità amministrativa dell’ente, ma molto spesso, le sospensioni delle autorizzazioni, o la revoca delle licenze imposte dalle banche centrali, come ad esempio quelle emesse dalla Banca D’Italia o dalla Consob, non riescono a sortire l’effetto desiderato, molte volte per mancanza di celerità nell’emissione di tali misure.
Infatti, a tale responsabilità va aggiunta la possibilità che il direttore di banca possa incorrere nella personale responsabilità penale per il reato di riciclaggio, ex art 648 bis c.p.
Risponde di riciclaggio, a titolo di concorso, ex art 110 c.p., anche il bancario che omette di segnalare operazioni anomale, in quanto la scelta di autorizzarle, omettendo le dovute segnalazioni, costituisce l’esito di un processo decisionale autonomo, con accettazione del rischio, che si configuri il reato di riciclaggio.
Sul punto la Corte di Cassazione ha statuito che il concorso del direttore di banca nel reato di riciclaggio si configura come dolo eventuale.
Di seguito si elencano i parametri individuati dagli Suprema Corte, per ravvisare il dolo eventuale nella condotta del direttore di banca:
- La posizione di direttore ricoperta dall’agente;
- Che il direttore di banca, in quanto tale e per la posizione che occupa, avendo competenze in materia bancaria, sia perfettamente in grado di individuare le operazioni sospette, e che dunque, il mancato controllo deriva da una “volontà”, e non da una colpa;
- L’anomalia delle operazioni connotate da attività non lineari e sospette;
- La specificità della normativa violata, diretta ad evitare il riciclaggio del denaro;
Va aggiunto che, perché si possa compiere concorso nel reato di riciclaggio per dolo eventuale, vi deve essere una reiterazione nel mancato controllo delle operazioni sospette, quali ad esempio la reiterata mancanza di causali descrittive delle operazioni effettuate, o l’apertura e la chiusura dei conti correnti bancari, in brevissimo tempo, da parte di alcune società che sin dall’inizio risultano sospette per vari fattori.
Alla stregua di tali indici, il direttore dovrebbe procedere quindi immediatamente ad effettuare i controlli del caso.
Qualora il bancario si esimesse dall’effettuare tali controlli in merito alle operazioni sospette, in termini di accettazione, si adduce a quest’ultimo una “volontà” nel compimento di tale condotta, in termini di accettazione del rischio, “in quanto egli, posto nell’alternativa di autorizzare o meno i prelevamenti, si è autodeterminato a permetterli, violando la normativa bancaria (primaria e secondaria), pur in presenza di sicuri ed inequivocabili indici di illiceità quanto alla provenienza illecita del denaro”. (Cass. Sent. 9472/2016)
La suddetta sentenza, spiega esattamente la condotta del direttore di banca che nel permettere al soggetto di prelevare alcune somme dal proprio conto corrente, versate da un terzo, non ha compiuto i controlli necessari per escludere che tale somma non fosse il provento di un illecito, compiendo così una violazione della legge antiriciclaggio.
Per quanto fin qui esposto l’ente bancario potrà rispondere del reato di riciclaggio, ex D.Lgs 231/2001, mentre il direttore di banca risponderà penalmente e personalmente, sempre per il reato di riciclaggio, per aver omesso di effettuare i controlli necessari imposti dalla legge antiriciclaggio.
I nostri esperti professionisti potranno indirizzarvi, aiutarvi e consigliarvi come contrastare le condotte descritte. Ad oggi gli ambiti dove è possibile effettuare attività di riciclaggio di denaro sono in aumento, soprattutto con l’espansione delle piattaforme online, come ad esempio quelle di trading, per il mercato forex (foreign exchange market) e quello delle criptovalute.
Martina Carano
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