Minimum Global Tax: una svolta epocale nella tassazione delle imprese e nella lotta alla delocalizzazione

Il tema del fisco è oggi abbastanza cruciale per la ripresa economica dei Paesi in uno scenario post-Covid.

La proposta di riforma della tassazione, presentata recentemente dal Presidente degli Stati Uniti, ha posto le premesse per riaccendere il dibattito, di interesse internazionale, in merito al prelievo fiscale sulle aziende.

Ciò consentirebbe di combattere il “dumping fiscale” (una pratica commerciale scorretta, tramite la quale, una o più nazioni garantiscono alle aziende una pressione fiscale più vantaggiosa rispetto a quella adottata nel paese di origine dell’impresa) di cui, ad oggi, le grandi multinazionali sono protagoniste: se alcune aziende pagano aliquote inferiori in un determinato paese, i loro governi potrebbero "aggiungere" le loro tasse all'aliquota minima concordata, eliminando il vantaggio di spostare i profitti in un paradiso fiscale.

La ministra del Tesoro statunitense, Janet Yellen, propone anche agli altri paesi dell’Ocse di accordarsi su di un’aliquota minima globale sui profitti esteri delle multinazionali; infatti, se queste misure andranno in porto, assisteremo ad una svolta epocale nella tassazione delle imprese e nella lotta alla delocalizzazione in favore dei paradisi fiscali.

Si tratterebbe di fissare l'aliquota sui profitti delle società “almeno al 15%”, come si è affermato in sede di G7, tenutosi a Londra giorni fa.

Sono due i pilastri principali delle riforme concordate: uno che consente ai paesi di tassare parte dei profitti realizzati dalle grandi aziende in base alle entrate che generano in quel paese, piuttosto che nel luogo in cui ha sede l’impresa ai fini fiscali, e un secondo che fissa un’ aliquota minima globale dell'imposta sulle società.

Nell'ambito del primo pilastro, i paesi in cui le multinazionali generano entrate riceverebbero nuovi diritti di imposizione su almeno il 20% degli utili superiori a un margine del 10% per le imprese più grandi e redditizie.

In G7 si è anche fatto riferimento a una tassa minima globale di almeno il 15%, inferiore a una proposta del 21% avanzata dal presidente degli Stati Uniti, Joe Biden , all'inizio di quest'anno. Tuttavia, è ancora considerato un punto di svolta e l'inclusione di "almeno" nell'accordo del G7 significa che potrebbe ancora essere negoziato, poiché molti paesi stanno spingendo per aliquote più elevate.

Le stime di recupero per il gettito fiscale italiano, sarebbero decisive e si aggirerebbero intorno ai 3 miliardi di euro l’anno.

Paesi europei, quali la Spagna, la Germania e la Francia si sono già espressi ben a favore della proposta di governo statunitense.

Ci si aspetta, a questo punto, che l’Italia agisca in modo decisivo, in sede di G20, in favore di tale proposta di riforma: quest’ultima potrebbe rappresentare una significativa opportunità nel raggiungimento di un equilibrio alla lotta contro l’elusione fiscale, permettendo di recuperare parte del gettito perso e confluito nelle tasche dei paradisi fiscali europei.

L’accordo sull’aliquota minima potrebbe dunque rappresentare il primo importante passo verso una riforma del sistema di tassazione globale. 

 

Giuseppa Giordano – Trainee Lawyer