Maltrattamenti in famiglia: esclusa l'aggravante se il figlio minorenne è troppo piccolo

Con doppia recentissima giurisprudenza del 2022 numeri 21024 e 27087, rispettivamente degli scorsi 30 e 31 maggio, la Cassazione penale consolida l’orientamento giurisprudenziale che esclude l’applicabilità della circostanza aggravante se i maltrattamenti in famiglia sono perpetrati dinanzi ad un minore troppo piccolo.

Il reato di maltrattamenti in famiglia e la sua applicabilità.

Il reato di maltrattamenti in famiglia è disciplinato dall’articolo 572 del Codice penale a norma del quale si tutela la salute e l’integrità psico - fisica dei soggetti che appartengono ad un nucleo familiare, punendo le condotte violente nei confronti dei loro stessi membri.  

Nonostante il tenore letterale dell’articolo sia abbastanza chiaro, la giurisprudenza è oggi concorde nel conferire alla disciplina una portata più generale, ammettendone l’applicabilità tutte le volte in cui "la relazione [tra vittima e soggetto attivo del reato] presenti intensità e caratteristiche tali da generare un rapporto stabile di affidamento e solidarietà". Cass. 2014/31121
 

Conseguenze penali 

La pena base prevista dal Codice penale per il reato di maltrattamenti in famiglia è quella della reclusione da due a sei anni. 

Tale pena è aggravata in tre ipotesi:

·         se dal fatto deriva una lesione personale grave o gravissima è prevista la reclusione rispettivamente da quattro a nove anni e da sette a quindici anni;

·         se dal fatto deriva la morte è prevista la reclusione da dodici a ventiquattro anni.

Successivamente, la riforma del c.d. “Codice Rosso” (l. n. 69/2019), nell’ottica di inasprire il trattamento sanzionatorio di numerose condotte a tutela della famiglia e della persona, ha previsto un aumento di pena se il fatto è commesso in presenza o in danno di persona minore, donna in stato di gravidanza o persona con disabilità. 

La ratio dell'aggravante, infatti, «si correla all'esigenza di elevare la soglia di protezione di soggetti i quali, proprio a cagione dell’incompletezza del loro sviluppo psico-fisico, risultino più sensibili ai riflessi dell'altrui azione aggressiva, specie se commessa da un genitore in danno dell’altro».

Analisi dei casi 

Con le sentenze in esame, la Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi su due ricorsi presentati da due uomini, entrambi condannati per avere maltrattato le rispettive compagne in presenza di un minore .

In particolare, con il ricorso in Cassazione, gli imputati contestavano l’applicazione dell’aggravante ritenendo che i minori che avrebbero assistito agli eventi lesivi erano troppo piccoli per subire un trauma. Per tali ragioni l’applicazione dell’aggravante sarebbe stata da ritenersi illegittima. 

Per quanto attiene al quesito giuridico sotteso alla questione posta all’analisi della Corte di Cassazione, gli stessi rilevano che il reato di maltrattamenti nei confronti di un infante che assiste alle vessazioni contro i suoi familiari è configurabile solo a condizione che le condotte «siano idonee ad incidere sull'equilibrio psicofisico dello stesso» (Cass. 2020/279620).

Come espressamente indicato dai giudici, nei casi in cui il minore sia davvero molto piccolo (in uno dei due casi a solo tre mesi al momento dell’episodio dell'aggressione), deve escludersi che quest'ultimo abbia potuto percepire il contesto ambientale e i maltrattamenti, occorrendo invece che questi abbia la capacità di percepire il clima di oppressione indotto dalla condotta illecita.

Non si ritiene infatti che la sua integrità psico/fisica possa essere stata compromessa, nel breve o nel lungo periodo, dalla diretta percezione di gravi episodi di violenza commessi in ambito familiare. Cass. 2022/21087.

Secondo i ricorrenti, la determinazione del trattamento sanzionatorio per i fatti previsti come reato è riservata alla discrezionalità del giudice, a condizione che le pene non appaiano manifestamente sproporzionate rispetto alla gravità del fatto e non adeguino le conseguenze alla disomogeneità delle fattispecie prospettate. 

Ciò che più di tutti si evidenzia nei ricorsi in esame è che secondo i ricorrenti, ai fini dell’applicazione dell’aggravante, il giudice deve tenere conto della minore età del soggetto dovendo diversificare le ipotesi in cui le condotte vessatorie prendano vita dinanzi un minore di 17 anni ed un infante di pochi mesi. 

Le decisioni della Cassazione

In entrambi i casi, i giudici hanno confermato che è configurabile il reato di maltrattamenti nei confronti di un infante che assista alle condotte maltrattanti poste in essere in danno di altri componenti della sua famiglia, a condizione che tali condotte siano idonee ad incidere sull'equilibrio psicofisico dello stesso (Cass. 2020/27901). 

Invero, in entrambi i casi in commento, deve ritenersi che la tenera età dei minori coinvolti siano tali da escludere che questi possano avere in qualche modo percepito il contesto ambientale e le condotte vessatorie perpetrate dinanzi a loro. 

I Giudici di legittimità decidevano, pertanto, di accogliere il ricorso e rinviare le sentenze impugnate ad altra sezione della Corte di merito limitatamente al riconoscimento dell’aggravante ex art. 572 comma 2 c.p., rinviando per la determinazione della pena.

Evidenziavano inoltre la necessità di riconfermare un orientamento giurisprudenziale già più volte fatto valere in numerose precedenti pronunce. 

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