Il lavoro in Italia tra sicurezza e insicurezza

Dalle “mere” violazioni in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro alle “morti bianche”: profili penalistici.

Il concetto di sicurezza sul lavoro è da sempre un tema spinoso e, purtroppo, sempre attuale, anche e soprattutto a causa delle drammatiche vicende che, pressoché quotidianamente, balzano agli onori della cronaca, ovvero le cosiddette “morti bianche”.

Secondo i dati nazionali pubblicati dall’I.N.A.I.L., nell’anno 2022 sono stati 790 i decessi avvenuti in costanza di lavoro, mentre 300 quelli avvenuti in itinere (ossia nel tragitto casa-lavoro). Viceversa, in questo inizio di 2023 i decessi avvenuti in costanza lavoro sono già circa 80 mentre quelli avvenuti in itinere circa 30.

In Sardegna, il 2022 si è concluso con 34 decessi sul lavoro (24 nel solo nord dell’Isola, come recentemente segnalato dal Presidente ANCE Centro Nord Sardegna), mentre il primo del 2023 si è purtroppo verificato ai primi dell’anno, nella provincia di Sassari.

Numeri sempre più impietosi, ma a quanto pare non sufficienti per porre rimedio a questo fenomeno, pur sapendo che quegli stessi numeri corrispondono a persone.

Peraltro, se suscitano clamore le morti sul lavoro, non sono tuttavia da sottovalutare le altrettante quotidiane violazioni in materia di sicurezza sul lavoro, che solo per mera casualità non si sono tramutate in eventi mortali, o comunque di particolare gravità.

E lo scalpore che questi dati suscitano è amplificato dal fatto che il lavoro, ivi compreso il riconoscimento e il conseguente rispetto della normativa in materia di sicurezza sul lavoro, sia un caposaldo della nostra Costituzione, la quale, a più riprese, ne sancisce il carattere fondamentale. Inoltre, sulla base di questi principi costituzionali, nonché su impulso della Direttiva comunitaria n. 92/57/CEE, è stato introdotto il D.Lgs. n. 81/2008, successivamente modificato e integrato dal D.Lgs. n. 106/2009, comunemente conosciuto come il Testo Unico sulla Salute e Sicurezza sul Lavoro.

Ciononostante, la piaga degli incidenti sul lavoro, ma anche della “mera” inosservanza della normativa in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro continua a perdurare.

Il Testo Unico in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro.

Questo Testo Unico si applica a tutti i settori di attività, siano essi pubblici o privati, a tutte le tipologie di rischio, a tutti i lavoratori, siano essi subordinati o autonomi, nonché a tutti i soggetti ad essi equiparati e che, quindi, svolgono un’attività lavorativa in un contesto gerarchico e strutturato, quale, ad esempio, quello del cantieristico e imprenditoriale.

Orbene, il concetto di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro costituisce un vero e proprio obbligo contrattuale gravante sul datore di lavoro, il quale deve apportare tutti quegli accorgimenti che si rendano necessari per garantire la tutela fisica e psichica del lavoratore, adoperandosi per eliminare il rischio di infortunio, o quanto meno minimizzarlo.

Trattasi di un obbligo che il datore di lavoro deve osservare fintanto che dura la prestazione lavorativa. Si parla a tal proposito di “debito permanente di sicurezza”: più precisamente e in virtù della posizione di garanzia ricoperta, il committente, il datore di lavoro, il Responsabile per la Sicurezza, e/o i loro delegati (siano essi formalmente tali o anche solo di fatto) non devono considerare assolto il rispettivo obbligo con la mera organizzazione preventiva del sistema sicurezza, ma devono altresì garantire in itinere e fino alla conclusione dei lavori tale sistema, preoccupandosi di verificare in modo fattuale che tutto proceda - sotto l’aspetto delle tutele - in conformità ai dettami stabiliti dalla legge, dai regolamenti, dalle norme speciali in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro e, in generale, di sicurezza sul lavoro.

Ma cosa accade in caso di mancato rispetto della normativa di cui al D.Lgs. n. 81/2008? Profili penalistici.

In ipotesi di segnalazione/ispezione da parte di organi di vigilanza specializzati (quali S.P.R.E.S.A.L., Ispettorato del Lavoro, Vigili del Fuoco, ASL, etc.), si profilano tutta una serie di responsabilità, non ultima quella penale.

In ipotesi di reati di particolare gravità (ad esempio lesioni colpose/omicidio colposo derivanti dalla violazione di norme in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro), la notizia di reato viene immediatamente iscritta nel relativo registro, con conseguente apertura del procedimento penale.

In questi casi, sarà onere del/i soggetto/i garante/i coinvolto/i dimostrare la propria innocenza, in prima battuta provando:

a) di aver rispettato scrupolosamente la suddetta normativa,

b) di aver adottato tutte le precauzioni,

c) di aver correttamente vigilato sull’operato.

Ciò al fine di escludere così le eventuali ipotesi di culpa in eligendo e/o culpa in vigilando. In altri termini, occorrerà dimostrare che l’evento è dipeso da causa indipendente e imprevedibile. Viceversa, colui che ha patito il danno dovrà dimostrare:

a) la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi del reato,

b) la sua imputabilità ai soggetti a vario titolo coinvolti e titolari di una posizione di garanzia nei suoi confronti,

c) il danno e la sua entità.

Al netto delle scelte strategiche che possono essere adottate, sarà di fondamentale importanza anche l’apporto di professionisti (ad esempio ingegneri e medici specialisti), al fine di fornire argomentazioni tecniche e scientifiche in grado di avvalorare le tesi difensive, siano esse di indagati/imputati o di persone offese/danneggiati/parti civili. A titolo esemplificativo:

  • si pensi alla possibilità già in sede di indagini preliminari di richiedere l’autorizzazione a un sopralluogo di natura tecnica (anche di parte) all’interno di un cantiere posto sotto sequestro. Tale attività sarà volta a cristallizzare lo stato dei luoghi e svolgere gli opportuni accertamenti prima che lo stesso venga dissequestrato, evitando così l’alterazione degli ambienti e la conseguente impossibilità di costituirsi una prova.
  • si pensi alla possibilità di redigere una relazione medica (anche di parte) che consenta di dimostrare o meno il nesso di causalità tra condotta ed evento, nonché per la successiva quantificazione del danno in sede di costituzione di parte civile nel processo penale ovvero direttamente in sede civile.

Trattasi di attività che il nostro Studio, in relazione a diversi procedimenti penali vertenti in materia di sicurezza sul lavoro, ha sviluppato con ottimi risultati, contribuendo in modo decisivo alla dimostrazione della sussistenza o meno del reato (a seconda che il cliente assistito fosse rispettivamente persona offesa/danneggiato/parte civile ovvero indagato/imputato).

A livello procedurale, se per i delitti l’iter giudiziario applicabile è quello ordinariamente previsto dal codice di procedura penale, per quanto concerne invece le contravvenzioni (ossia i reati per i quali è irrilevante distinguere tra dolo e colpa e il cui regime sanzionatorio si articola in arresto e ammenda) il Legislatore ha previsto una particolare procedura (di natura amministrativa nella sua fase primordiale e di eventuale natura penale in un momento successivo).

Tale iter è contenuto nel D.Lgs. n. 758/1994 agli artt. 19 ss. (cui fa espresso rimando anche il D.Lgs. n. 81/2008).

Esso è volto a consentire al reo di sanare (o più tecnicamente estinguere) reati in ambito prevenzionistico attraverso il ripristino della situazione di regolarità e il successivo pagamento dell’ammenda (oblazione), salvo che il presunto contravventore non dimostri - sotto vari profili - l’erroneità della contestazione, anche attraverso il deposito di memorie difensive.

Ogni giorno, sono tantissimi i controlli da parte dei funzionari ispettivi da cui emergono irregolarità aventi conseguenze penali, seppur lievi.

Rientrano in questa categoria tutta una serie di violazioni contenute nella normativa speciale di cui al D.Lgs. n. 81/2008 che, ai più, possono apparire prive di rilievo penale, ma che in realtà costituiscono reato laddove ravvisato a seguito di segnalazione/ispezione. A titolo esemplificativo:

a) mancata redazione del DVR (Documento Valutazione dei Rischi),

b) mancata nomina dell’RSPP (Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione),

c) mancata nomina del medico competente (ove richiesta dalla normativa),

d) mancata fornitura ai lavoratori dei dispositivi di protezione individuale (DPI, circostanza oggetto di numerose violazioni soprattutto durante la pandemia Covid-19),

e) mancata formazione dei lavoratori con corsi di formazione/aggiornamento che rilasciano i relativi attestati (per esempio, corsi antincendio, primo soccorso, conduzione macchine aria o terra, etc.).

Come in ogni procedimento penale, la rappresentanza del presunto reo deve essere obbligatoriamente affidata a un legale (sia esso di fiducia o d’ufficio). Ciò non toglie che, in particolare per quel che concerne la procedura disciplinata dal D.Lgs. n. 758/1994, l’assistenza di un legale possa giovare anche nella sua primissima fase che - come detto in precedenza - ha natura amministrativa. Ciò proprio al fine di evitare che le conseguenze possano sfociare in un vero e proprio procedimento penale.

Per questo motivo, il rispetto dei strettissimi termini previsti assume un’importanza fondamentale, onde evitare la decadenza da attività difensive (deposito memorie, opposizione al verbale ispettivo, adempimento delle prescrizioni impartite, pagamento dell’ammenda comminata, etc.).

Conseguentemente, è utile intervenire nell’immediatezza, onde valutare la migliore strategia difensiva da adottare per il caso concreto.

A tal fine, il nostro Studio Legale offre consulenza e assistenza legale in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, a mezzo dei propri Professionisti e in favore di qualsiasi soggetto risultasse coinvolto a vario titolo in simili vicende, con operatività su tutto il territorio italiano e anche all’estero.

Avv. Davide Lorrai

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