Appalti: domanda di partecipazione rifiutata perché la PEC di trasmissione supera il limite dimensionale della PEC della Stazione Appaltante

La recente sentenza del TAR Lazio SEZ. II del 17.4.2023 n. 6599 affronta una questione che ben potrebbe capitare a varie imprese. La ditta ALFA partecipa ad una gara d’appalto e nel trasmettere via PEC la domanda di partecipazione, ritualmente trasmessa nei termini, si accorge l’indomani che la PEC non è stata recapitata perché il limite della casella PEC ricevente della S.A. era di 70 MB, a fronte delle dimensioni dell’offerta di 84 MB.

La ditta Alfa ha quindi impugnato la propria esclusione/ mancata partecipazione, assumendo il suo buon diritto a partecipare tramite PEC (che era uno dei modi previsti dal Disciplinare), nonché che il Disciplinare non recava alcun avviso in ordine ai limiti dimensionali della PEC ricevente. Il Tar capitolino ha accolto il ricorso con ampia ed articolata motivazione, che si basa sulla generale disciplina di legge in materia di tecnologie digitali e posta elettronica certificata.

Ed invero, per un primo aspetto il TAR osserva che l’utilizzo da parte del privato delle tecnologie digitali nei rapporti di diritto pubblico non è demandata ad una scelta discrezionale della pubblica amministrazione, ma rappresenta un vero e proprio diritto del cittadino. L’art. 3 del codice dell’amministrazione digitale (d.lgs. n. 82 del 2005), rubricato “diritto all’uso delle tecnologie”, sancisce infatti che chiunque ha il diritto di usare, in modo accessibile ed efficace, la soluzione e gli strumenti informatici previsti dal codice ai fini, tra l’altro, della partecipazione al procedimento amministrativo. E ciò a fortiori in un caso (come quello di specie) in cui era come detto la stessa lex specialis della procedura selettiva pubblica a prevedere – claris verbis – che una delle tre possibili modalità di partecipazione dell’operatore economico a tale procedura consisteva proprio nel ricorso alla tecnologia digitale della posta elettronica certificata.

Al riconoscimento di siffatto diritto faceva dunque da contraltare l’obbligo dell’amministrazione di renderne effettivo l’esercizio, dotandosi di un domicilio digitale e curandone con diligenza la funzionalità. La telematica assurge infatti a modalità ordinaria di azione non solo nei rapporti tra pubbliche amministrazioni, ma anche tra queste e i privati nell’ambito del procedimento ammnistrativo (art. 3 bis l. 241/1990), rappresentando lo strumento preferenziale di esercizio dei diritti e delle facoltà procedimentali che le amministrazioni sono tenute per legge ad incentivare e che conserva, anche nella particolare declinazione procedimentale, i connotati di un diritto del cittadino. È evidente che siffatto diritto del cittadino verrebbe svuotato di contenuto ove si facessero gravare sul mittente le conseguenze del malfunzionamento del sistema per fatto imputabile al soggetto pubblico che non ne abbia curato l’uso diligente in violazione degli obblighi di legge sopra indicati, come accade (ribadisce il TAR) nel caso di mancata consegna della comunicazione per limiti dimensionali della casella pec dell’amministrazione, mai resi noti al soggetto privato mittente.

Proprio allo scopo di munire di effettività il diritto all’uso della telematica – a cui si correla un progressivo incremento dell’efficienza e della semplificazione dell’azione amministrativa che rappresenta il fine ultimo della sempre più spiccata trasformazione in senso digitale della pubblica amministrazione – il codice dell’amministrazione digitale (c.d. CAD, id est d.lgs. n. 82 del 2005) introduce una presunzione iuris tantum di consegna delle comunicazioni rese disponibili al domicilio digitale del destinatario, salva la prova che la mancata consegna sia dovuta a fatto non imputabile al destinatario medesimo (art. 6 CAD). In particolare, tale art. 6 dispone che “Le comunicazioni tramite i domicili digitali sono effettuate agli indirizzi inseriti negli elenchi di cui agli articoli 6-bis, 6-ter e 6-quater, o a quello eletto come domicilio speciale per determinati atti o affari ai sensi dell’articolo 3-bis, comma 4-quinquies. Le comunicazioni elettroniche trasmesse ad uno dei domicili digitali di cui all’articolo 3-bis producono, quanto al momento della spedizione e del ricevimento, gli stessi effetti giuridici delle comunicazioni a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno ed equivalgono alla notificazione per mezzo della posta salvo che la legge disponga diversamente. Le suddette comunicazioni si intendono spedite dal mittente se inviate al proprio gestore e si intendono consegnate se rese disponibili al domicilio digitale del destinatario, salva la prova che la mancata consegna sia dovuta a fatto non imputabile al destinatario medesimo..”.

Ne discende che la presunzione di avvenuta consegna del messaggio di posta elettronica certificata si perfeziona non soltanto se il mittente vede recapitarsi nella propria casella la ricevuta automatica di avvenuta consegna (c.d. RAC), ma anche se egli non riceve detta RAC, purchè però la mancata consegna del messaggio sia dipesa da un fatto imputabile al solo destinatario.

 

Silvio Motta
Partner
Carmelo Barreca
Of Counsel
 
 

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