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Il Divorzio in Italia
In tema di divorzio la data che segna una svolta in Italia è l’1 dicembre 1970. È proprio in questa data, infatti, che il divorzio viene introdotto nell’ordinamento giuridico italiano con l’approvazione della legge “Fortuna-Baslini”, la quale introduceva finalmente l’istituto giuridico finalizzato a far cessare gli effetti civili del matrimonio. La legge si caratterizzava per la presenza di una particolarità unica in Europa e non di poca rilevanza: precedere allo scioglimento attraverso una fase di separazione, una sorta di anticamera cui affidare un eventuale ripensamento dei coniugi.
Il divorzio: possibile solo se sussistono dei requisiti fra i coniugi
L'articolo 1 della legge prevede che il giudice si pronunci sullo scioglimento del vincolo quando non sussista più la possibilità di mantenere o ricostituire la comunione spirituale e materiale tra i coniugi.
Sotto questo profilo quindi - e premesso che nell'ordinamento italiano esistono due forme di matrimonio, quello civile e quello concordatario - il giudice, prima di dichiarare lo scioglimento del vincolo matrimoniale o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, si accerterà dell'esistenza di due condizioni: la prima, di natura soggettiva, costituita dalla cessazione della comunione materiale tra i coniugi, dalla stabile convivenza, dal reciproco affetto e sostegno personale.
La seconda, di natura oggettiva, costituita dall'esistenza di una delle cause tassativamente previste dalla legge, tra cui: l’omologazione della separazione consensuale ovvero la pronuncia, con sentenza definitiva, della separazione giudiziale; la condanna di uno dei coniugi all'ergastolo o a qualsiasi pena detentiva per reati di particolare gravità; l’ottenimento da parte di uno dei coniugi, cittadino straniero, nel suo Paese d’origine dell'annullamento o lo scioglimento del matrimonio ovvero la celebrazione di un nuovo matrimonio; la dichiarazione giudiziale del mutamento di sesso di uno dei coniugi.
Il divorzio breve, dal 2014 bastano 6 mesi per sciogliere il vincolo matrimoniale
La particolarità del sistema italiano è - come già detto - che, salvo rare eccezioni, il divorzio debba di solito essere preceduto da un periodo di separazione personale. Aspetto che molto spesso si è mostrato come un forte disincentivo per via degli esosi costi dei difensori e la complessità della procedura giudiziaria. Di fronte a tale situazione, la procedura è stata semplificata: nel 2014 l’istituto fu profondamente riformato, consentendo ai coniugi che abbiano già ottenuto un provvedimento di separazione dal giudice di accordarsi e chiudere il divorzio in 6 mesi, se assistiti da avvocati e in assenza di figli; oppure in 12 mesi, in assenza di legali, semplicemente registrando gli atti all’ufficio dello Stato civile (cosiddetto “divorzio breve”).
Effetti personali e patrimoniali
La sentenza di divorzio produce anche importanti effetti personali e patrimoniali. Sotto il primo profilo rilevano senz’altro il mutamento dello stato civile dei coniugi - che permette ad entrambi di contrarre nuove nozze – e la perdita del cognome del marito da parte della moglie, salvo che la stessa sia autorizzata dal giudice a continuare ad utilizzarlo.
Mentre, sotto il profilo degli effetti patrimoniali, di particolare rilevanza sono le previsioni relative, innanzitutto, all'eventuale corresponsione di un assegno periodico per il mantenimento del coniuge. Quest’ultimo deve essere accertato, verificando l’inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente, raffrontato al tenore di vita, tenendo ovviamente conto anche delle condizioni patrimoniali del soggetto obbligato; la perdita dei diritti successori; il diritto alla pensione di reversibilità, ma solo se titolare dell'assegno divorzile; il diritto ad una parte dell'indennità di fine rapporto, se maturata prima della sentenza di divorzio.
La norma prevede, in presenza di figli, che ogni genitore provveda al mantenimento diretto del figlio, e che questo segua un principio di proporzionalità. Il giudice, ove necessario, può stabilire la corresponsione di un assegno periodico che sia determinato, considerando le esigenze del figlio, il tenore di vita goduto durante la convivenza con entrambi i genitori, i tempi di permanenza presso ciascun genitore, nonché le risorse economiche di entrambi i genitori e la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascuno di essi.
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